SERRA SAN QUIRICO

Le origini di Serra San Quirico risalgono a tempi assai remoti per la posizione chiave del luogo. I documenti storici ritrovati nel nostro territorio parlano di epoche antichissime, con segni tangibili della civiltà etrusca, picena e romana; oltre al ritrovamento di una necropoli di Galli Senoni. Si suppone che Serra sia sorta come caposaldo romano all’imbocco della Gola della Rossa, passaggio obbligato per Roma e punto di grande importanza strategica. Un primo insediamento di uomini che si arricchì a poco a poco di edifici e fortificazioni; che crebbe e si consolidò all’ombra di Roma fino alla distruzione barbarica. Nel primo medio evo fu incorporata nell’esarcato di Ravenna e più tardi nella circoscrizione carolingia della Marca Inferiore. Inquadrata in questa sistemazione, Serra attende gli albori dell’anno mille, allorché, rinnovata nelle strutture e nello spirito, rinascerà sotto l’impulso vigoroso del monachesimo, rappresentato da S. Romualdo Abate.

L’antico borgo medioevale ha attraversato indenne l’età moderna e si offre all’occhio del visitatore in tutto il suo splendore di città fortificata, con alti palazzi, torrioni e chiede, ornati con pietre riccamente scolpite.

Un perimetro di mura intatte e di facile accesso consente di godere dell’ampio panorama agreste della valle, nonché delle aspre pareti del sovrastante Monte Murano. Le piccole calli che percorrono l’abitato, intersecate da scalette, archi e volte, rendono il tutto mutevole ma “giusto” fissando più di ogni descrizione il concetto di città costruita a misura d’uomo per l’uomo.

I passaggi coperti, le singolari “copertelle” di origine longobarda, accompagnano i visitatore offrendo scorci romantici e suggestivi. Le molte fonti, alimentare da sorgenti minerali, offrono ristoro alla calura estiva. Ombrosi sentieri guidano le escursioni agli alpeggi ed alle grotte dei dintorni. Il bosco premia i suoi estimatori con fragole, erbe aromatiche e medicinali, funghi, asparagi e tartufi.

Infine, l’antica tradizione d’ospitalità verso i “forestieri”, la cordialità innata dei serrani, la cucina ricca di sapori ancora genuini, la vicinanza della Terme e delle Grotte di Frasassi, possono rendere un soggiorno a Serra San Quirico il migliore rimedio dallo stress cittadino.

Da visitare a Serra San Quirico:

 

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PARCO DELLA GOLA DELLA ROSSA E DI FRASASSI

Nato nel settembre 1997, è con i suoi 10.026 ettari, la più grande area protetta regionale. Oltre ad essere il “cuore verde ” della Regione Marche, il Parco comprende nei suoi confini il complesso ipogeo delle Grotte di Frasassi. Oltre agli interessanti i fenomeni naturali che coinvolgono quest’area, quali il carsismo e la presenza di sorgenti sulfuree, il Parco è un’oasi di natura e biodiversità. Lungo i suoi moltissimi sentieri si possono effettuare escursioni tra le ricchezze floro-faunistiche tipiche dell’ambiente pre-appenninico. Anche sotto l’aspetto storico-artistico il territorio è ricco di un fitto reticolo di castelli e monasteri che si integrano perfettamente con l’ambiente naturale circostante. Luoghi di culto e con antiche tradizioni, come la produzione della carta e del verdicchio. Parco Naturale Regionale della gola della Rossa e di Frasassi (parcogolarossa.it)

 


IL CASTELLO DI GENGA

Il borgo di Genga, piccolo castello sorto nel Medioevo, si adagia su una rocciosa e ristretta piattaforma di una ripida ondulazione del monte Ginguno che si alza quasi improvvisamente dai tortuosi percorsi del fiume Sentino che nasce a Sassoferrato, a 9 km di distanza. Il luogo viene a configurarsi come un vasto catino, chiuso dai monti Ginguno, Ercole e Gallo. Il Castello conserva gran parte delle mura di difesa edificate via via che l’abitato si ampliava e le minacce di occupazione rendevano necessario il potenziamento del sistema difensivo. Genga appartenne storicamente sempre alla Marca ed attualmente il suo vasto comune comprende ventiquattro frazioni e confina con i comuni di Sassoferrato, Fabriano, Serra S. Quirico e Arcevia. Lo stemma del comune è quello antichissimo dei suoi conti: l’aquila nera coronata di oro in campo azzurro.

Si accede al Borgo per l’unica porta ad arco, fortificata, dove ancora sono visibili gli alloggiamenti delle guardie, nel passato preposte alla tutela e difesa dell’abitato insediato tra l’antico e il moderno palazzo dei conti. La struttura interna del paese è un reticolo di chiese, vicoli ed edifici che si armonizzano perfettamente con le qualità dell’ambiente naturale in cui il borgo è inserito.

Attraversando la porta ad arco ci si ritrova d’un sol fiato nel cuore stesso dell’abitato, di fronte ai simboli istituzionali su cui era incentrata la vita pubblica degli abitanti: la chiesa nuova dell’Assunta, a cui fa riscontro frontale la maestosa facciata dell’antico palazzo signorile dei Conti del Genga con il suo andamento concavo, tale da sembrare quasi un nobile uccello rapace nell’atto di dispiegare le ali per volteggiare e sorvolare la profonda valle che si svela carica di mistero e di colori in un ampio abbraccio tra cielo e terra.

Da visitare a Genga:

 

© Discovermarche.


SAN VITTORE DELLE CHIUSE E ABBAZIA ROMANICA

Il piccolo centro abitato di San Vittore delle Chiuse sorge intorno all’abbazia del XI secolo, che fu uno tra i più importanti insediamenti monastici della regione e che rappresenta un eccezionale esempio dell’architettura romanica nell’Italia centrale.

Edificata dai longobardi in terra di origine di San Benedetto a cui è dedicata, l’abbazia è stata costruita all’interno di un anfiteatro di montagne. Il nome “delle chiuse” si dice le sia stato infatti attribuito proprio per la sua particolare collocazione “chiusa tra le montagne”. Questa costruzione, realizzata in blocchi di pietra calcarea del luogo bianca e rosata, è uno splendido esempio di come un’architettura possa totalmente armonizzarsi con la natura circostante.

Già dai primi anni ’20 la località di San Vittore era nota per l’attività di un primo piccolo stabilimento termale, mentre la fisionomia dell’attuale stabilimento è dovuta all’ampliamento avvenuto nel 1965. In questo sito, dal taglio non turistico ma esclusivamente curativo, le proprietà benefiche delle acque solfuree (che secondo alcuni reperti ritrovati erano note in zona sin dall’epoca preistorica) vengono sfruttate per fanghi, cure inalatorie e trattamenti in genere volti alla cura delle vie respiratorie.

Da visitare:

 

"Genga Tempio del Valadier" di Alicudi - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.


TEMPIO DEL VALADIER

Poco distanti dall’ingresso turistico delle Grotte di Frasassi, all’interno di una grotta che si affaccia sul panorama mozzafiato della Gola, trovano rifugio le strutture religiose dell’Eremo di Santa Maria Infra Saxa e del Tempietto del Valadier. Al termine di una passeggiata di 700m lungo un percorso in salita ma pavimentato e facilmente percorribile, che permette di ammirare dall’alto la gola scavata nel corso dei secoli dal fiume Sentino, ci si ritrova al cospetto di un piccolo gioiello nascosto nelle viscere della montagna.

Fatto erigere nel 1828 papa Leone XII (Annibale della Genga; 1760-1829) su disegno dell’architetto italiano Giuseppe Valadier, questo tempietto a pianta ottagonale con cupola ricoperta in piombo, fu eseguito interamente in blocchi bianchi di travertino estratti da una cava sovrastante la grotta.

Sull’altare, costruito con alabastro del luogo, è venerata una statua della Vergine con Bambino in marmo bianco di Carrara, di Antonio Canova, o almeno uscita certamente dalla sua bottega (per ragioni di sicurezza, l’originale è conservato nel museo parrocchiale di Genga). Alle spalle del tempietto c’è il semplice edificio in pietra dell’Eremo di Santa Maria Infra Saxa, il cui interno è in parte scavato nella viva roccia, un tempo utilizzato come convento di clausura per monache benedettine.

 

"Genga Tempio del Valadier" di Alicudi - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.


PIEROSARA

Pierosara è un piccolo borgo in principio denominato Castel Petroso (o Castrum Petrosum) per la natura rocciosa del luogo in cui sorgeva, che in epoca medievale fu un importante castello che dominava tutta l’alta valle dell’Esino.
In ricordo dei due giovani innamorati Piero e Sara, che vissero e morirono fra le sue mura dando vita ad una leggenda popolare, cambiò nome e divenne Pierosara. La storia, tramandata da secoli, narra l’amore sfortunato fra Sara, una bella fanciulla di Castel Petroso, e Piero il suo promesso sposo e concittadino. A contrastare il loro amore fu il feudatario del Castello di Rotorscio, il conte Rovellone, che s’innamorò perdutamente della fanciulla e decise di rapirla. Una notte s’introdusse di nascosto nella Rocca e riuscì nel suo intento di portare via Sara con sé, ma una volta scoperto il rapimento i cittadini della Rocca chiusero le porte di accesso al castello e scatenarono una feroce battaglia contro i seguaci del conte. Costretto alla resa, il conte Rovellone uccise Sara che teneva fra le braccia e, una volta raggiunto da Piero, colpì violentemente il giovane con una scure. Piero, ferito mortalmente, spirò abbracciando per l’ultima volta la sua amata…da quel momento Castel Petroso divenne Pierosara in memoria dei due sfortunati innamorati.
Il luogo di Pierosara evoca tutt’oggi panorami ricchi di suggestione. Sono ancora ben conservate le due cinta murarie, con le loro porte, e la superba torre, che aveva la duplice funzione di avvistamento e di difesa. Per chi volesse immergersi in questa magica atmosfera senza tempo, si possono percorrere le strette vie del castello e godere della splendida vista che, dall’alto del colle, apre lo sguardo a squarci di rara bellezza.


LE GROTTE DI FRASASSI

Enormi sale con imponenti stalagmiti, laghetti, rocce dalle fantasiose forme, concrezioni ancora in formazione, cortine lamellari, splendide colate di bianchissima calcite, caratterizzano uno dei più bei complessi ipogei del mondo. Le Grotte di Frasassi si offrono agli occhi dei visitatori con un’ampia gamma di visite che vanno dalla passeggiata guidata lungo i 2,5km del percorso turistico attrezzato, agli avventurosi percorsi speleologici nelle zone normalmente chiuse al pubblico, alle numerose attività e laboratori didattici per scolaresche.

"Fabriano, Piazza del Comune (3)" di Parsifall - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
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FABRIANO

Città le cui antichissime origini si perdono nel tempo, Fabriano, di cui si ha traccia sicuramente già dalla preistoria, vede il suo massimo splendore artistico e culturale nel periodo Medievale nel quale brilla la figura dell’artista Gentile da Fabriano. Il territorio comunale occupa un’area abbastanza estesa, punteggiata da numerose frazioni.
Ciò che rende famosa questa città in tutto il mondo è sicuramente la sua Carta.
Fabriano è infatti una delle pochissime città al mondo dove ancora oggi si fabbrica la carta a mano, una testimonianza della volontà di non recidere i legami con una tradizione pluricentenaria. Già sul finire del 1200 gli artigiani attivi a Fabriano usavano contraddistinguere la propria produzione con marchi di filigrana, basta pensare che oggi le filigrane rappresentano una importante testimonianza della perfezione raggiunta dalle cartiere fabrianesi in questo settore, in particolare per la produzione di carte valori.
Ancora oggi si possono ammirare nel Museo dedicato a questa storica tradizione i preziosi fogli che escono dal reparto “tini” e che vengono utilizzati per edizioni di pregio, disegno artistico e stampe d’arte, corrispondenza e partecipazioni, diplomi di laurea, buoni del tesoro, ecc. Le materie prime di cui ci si serve per la loro produzione sono sceltissime: cotone, canapa, lino, coloranti speciali; e molto accurata è la preparazione dell’impasto che viene effettuata per mezzo delle vecchie raffinatrici olandesi.
Da visitare a Fabriano:

 

    • Porta del Borgo
    • Palazzo del Podestà
    • Palazzo Vescovile e Torre Civica

 

…senza dimenticare di assaggiare il tipico salame!


SASSOFERRATO

Dai boschi alle montagne, dalle colline ai fiumi che scendono a valle, Sassoferrato vive in un ambiente ancora incontaminato nel cuore dell’Appennino umbro-marchigiano, dove le testimonianze storiche e architettoniche si fondono con una natura incontaminata.
Sassoferrato vanta un ricco e prestigioso patrimonio in materia di beni storici ed artistici, così come di chiese, monasteri, edifici di interesse architettonico, e un’antica tradizione di centro dedito alla promozione e alla valorizzazione delle attività culturali ad opera di una comunità attiva ed operosa, che si caratterizza da sempre per creatività, estro e vivacità intellettuale.
In posizione dominante il monumento simbolo della città: la Rocca Albornoz, massiccia costruzione militare edificata nel 1365, dal cui parco circostante si può ammirare un ampio e suggestivo panorama.
Un altro gioiello particolarmente prezioso sotto il profilo storico-artistico è l’abbazia di Santa Croce dei Conti, che sorge sul versante opposto all’abitato di Sassoferrato, in posizione sopraelevata, vicino alla confluenza dei torrenti Sanguerone e Marena nel fiume Sentino.
Di notevole interesse anche il Parco archeologico di Sentinum, che conserva imponenti resti dall’antica, omonima, città romana. All’interno del Parco, ritenuto uno dei siti archeologici più rilevanti delle Marche, sono visibili le due principali strade, il cardine massimo e il decumano massimo, i resti di un impianto termale pubblico, ruderi delle mura, pavimenti a mosaico, colonne di granito, fondamenta, tracce di pavimenti, fognature, i resti di un tempio tetrastilo di epoca augustea e quelli di altri edifici del centro urbano.
Da visitare a Sassoferrato:

 

 


ARCEVIA

L’antico nome di Arcevia è Rocca Contrada, probabilmente originato dal nome del possidente del primitivo insediamento fortificato: un documento del 1147, infatti, nomina la Rocka de Contrado, cioè Rocca di Contrado o Corrado. Nel 1817, Pio VII attribuì a Rocca Contrada il nome fittizio di Arcevia (latinizzazione del nome medievale: “arx” per rocca e “contrada” per via), basandosi su notizie e documenti falsati nel secolo precedente dagli eruditi locali.

Il territorio comunale di Arcevia, prettamente collinare, è diviso in 18 frazioni ed ospita ben nove castelli impiantati nel periodo III e IV portanti lo stesso nome della frazione su cui insistono (Avacelli, castiglioni, Piticchio, Montale, Nidastore, Loretello, San Pietro in Musio, Palazzo e Caudino).

La conformazione del paesaggio rende ogni località particolarmente adatta per passeggiate ed escursioni, anche in mountain-bike. II Monte della Croce ed il Monte Sant’Angelo sono solcati da suggestivi sentieri facilmente percorribili. Ricchi di verdi prati, sono adattissimi per allegri pic-nic. Agli amanti del cavallo si consigliano i maneggi presso i numerosi agriturist, per partire alla scoperta degli splendidi castelli medioevali. La gastronomia è legata alle tradizioni culinarie tipiche marchigiane e sono numerose, soprattutto in primavera e in estate, le manifestazioni gastronomiche – culturali che propongono i piatti della tradizione.

Da visitare ad Arcevia: